Lo sviluppo di una discussione sulle possibili ipotesi
dell'unificazione globale, potrebbe trarre spunto dai punti focali elencati in
precedenza, non omnicomprensivi per descrizione ma suscettibili di sviluppo
tematico su cio' che realmente coinvolge un cosi' arduo ed impegnativo
argomento.
Da Bertrand Russell a Andrew Gavin Marshall, sono
molte le prospettive elaborate a favore dell'ipotesi, utopica secondo alcuni,
di un possibile abbattimento dei confini che frazionano il mondo. Tuttavia,
alimentare il fermento che anima un si' rivoluzionario concetto, puo' se non
altro tenere vivo l'interesse dei governatori mondiali al progetto gia' in
essere per propositi ed intenzioni, ed intrigare la psicologia del pensiero
individuale al punto da renderla vivida nel contesto piu' ampio dei movimenti
di massa.
L'impegno riflette la partecipazione unanime in uno
sforzo comune teso all'annullamento di tabu', di interessi personali e di
gruppi ristretti ed al riconoscimento di valori essenziali e universali che
infondano la cultura del rispetto.
Sarebbe un'onta trascurare le materie principali che
interessano un progetto di cosi' vasta portata; l'Europa a piccole tappe ha speso piu’ di cinquant'anni
perche' si avverasse il sogno dell'unificazione ed il solo pensiero di un mondo
intero da rimodellare fa supporre l'impiego di almeno un altro paio di secoli.
La storia, la geopolitica ,la
storia economica, il diritto, l'economia, la storia delle tradizioni popolari,
l'antropologia, la psicologia sociale ed individuale, la storia delle dottrine
politiche e la politica stessa nella sua veste di scienza imperfetta, la
scienza delle basse e alte energie insieme a quant'altro attualmente
costituisce estremo interesse per il futuro di tutti i popoli, sarebbero
elementi indispensabili per l'approccio al nostro tema ma, essendo altresi’
legittimo avanzare ipotesi che, pur tenendone conto, aprano improvvisi
orizzonti inaspettati, tracceremo, per quanto possibile, un parallelo che tenti
la mediazione fra il contesto iperrealistico e scenari previsti esclusivamente
in ambito letterario futurista.
Sin dai primordi la conquista
dei territori piu' fertili e ben dislocati costituiva l'obiettivo principale
delle popolazioni, per assicurarsi un'esistenza sicura e priva di imprevisti.
Il primo pseudo tentativo di un mondo senza confini,
puo' essere riconosciuto nell'Impero Romano, il quale pero' ricorse al
potere assolutista dispotico, al pari di Hitler, per realizzare l'idea concreta
di unificazione globale, con mire espansionistiche.
Se, quindi, la conquista del mondo e sua conseguente
unificazione, sotto l'unica bandiera dominante, rappresentano il fine ultimo
che ha spinto imperatori e generali a promuovere la guerra quale conflitto
organizzato, si puo' del pari sostenere che ogni guerra ha creato divisioni
acute fra invasori e sottomessi e di fatto, per fortuna, nessun potere ha mai
raggiunto lo scopo di sottomissione globale.
Cosa accadrebbe, se invece, improvvisamente la terra
fosse oggetto di minacce da parte di entita' extraterrestri molto piu' evolute
della nostra specie, e molto piu' arroganti e violente ? Ubi major minor
cessat, ovvero, in presenza di un conflitto di tale ampia portata, ogni singola
questione terrena, dal problema israelo-palestinese alle tensioni interne fra
religioni, dalle rivolte arabo-africane sino alla questione afgana,
costituirebbero materia morta. Il mondo intero sarebbe improvvisamente rivolto
nella difesa del valore supremo, spesso disconosciuto per interessi economici o
strategie politiche di natura domestica, identificato nell’affrancamento dal
giogo altrui. Il processo di unificazione in tal caso sarebbe tacito e
istantaneo e nessun dubbio aleggerebbe sull'uso di possibili armi nucleari e
sull'impiego di mezzi e uomini fra i piu' potenti e preparati esistenti al
mondo. Gli arsenali privati di ogni
singolo Stato, militari e civili, diverrebbero patrimonio difensivo comune
mirato alla salvaguardia mondiale.
Senza dubbio un atto forzato, dettato principalmente
dall'istinto primordiale che concerne la conservazione della specie e
dall'istinto di sopravvivenza. Il genere umano realizzerebbe in pochi istanti
di essere unico e che le varie differenziazioni in base alle origini etniche,
costituiscono il grande valore che determina la diversita' della manifestazione
vitale sul nostro pianeta.
Detta reazione si manifesterebbe analogamente, come in
effetti accade nella realta’, in presenza di
eventi catastrofici e calamita’ naturali che colpiscono democraticamente
uno o piu’ territori del globo terrestre.
La solidarieta' e' un istinto naturale, come il
pacifismo. Se l'evoluzione della specie ha premiato di volta in volta l'egoismo
individuando l'altruismo quale prima causa di selezione naturale, si tratta ora
di affermare le ragioni di chiunque respiri la nostra aria, la sua dignita' ed
il rispetto che gli e' dovuto, ribaltando i concetti. Una civilta’ evoluta,
vede il sano egoismo dettato dal benessere accompagnarsi all’altruismo
necessario dettato dall’istinto di conservazione della specie, in via sobria ed
equilibrata, fin quando sia assicurato un livello di vita ed aspettative minime
e garantite per tutti.
Il vivere quotidiano assorbe le nostre energie in
misura pressoche' analoga, sia per la mera sopravvivenza che per l'accumulo di
ingenti ricchezze. Sebbene gli investimenti individuali in termini di fatica
fisica o mentale possano equivalersi, differente sarebbe la reazione di chi ha
nulla da perdere rispetto a chi ha molto a cui dover rinunciare.
La guerra fredda che contrappose il blocco sovietico e
quello occidentale, minacciando in un’alternanza continua l’utilizzo delle armi
nucleari, costituiva grande rischio per le masse, ovvero per tutti coloro che
di fatto erano e sono esclusi dalla possibilita' di sopravvivenza in occasione
di una guerra mondiale.
Il possesso di adeguati bunkers antiatomici,
privilegio di ricchi e potenti politici, affaristi e faccendieri, pone in
evidenza il contrasto e le smisurate sproporzioni in cui la popolazione globale
e’ costretta a confrontarsi. Cio' fa
riflettere sull'alto grado di preparazione necessario per affrontare, senza
discriminazioni di sorta e con l'onesta' di cui abbiamo evidenti esempi passati
e presenti, un possibile cambiamento epocale, che ponga le basi per una
contaminazione globale: un mondo, un popolo.
La sola forma di espressione politica in grado di
assolvere al compito di garante dei diritti universali dell'uomo, e' la
democrazia, nella varie sue forme, Presidenziale, Parlamentare o Monarchica.
Altri modelli, sebbene abbiano posto l'accento su serie incongruita' relative
all'organizzazione sociale democratica, hanno fallito il proprio mandato,
perche' sbilanciati, se non del tutto accentratari dei necessari poteri
utilizzati per la conduzione di un paese.
La
democrazia prevede un delicato sistema di bilanciamento dei vari poteri, in via tale che eventuali eccessi
manifestati da un lato, siano adeguatamente controllati e bilanciati
dall’altro, cosicche’ eventuali e sempre
possibili colpi di mano
tesi all'affermazione di uno Stato assolutista,
vengano prevenuti col necessario anticipo.
Da qui
lo sviluppo della dialettica e, quale primario insopprimibile diritto, della
liberta' d'espressione, che per quanto retorica, lenta o demagogica nella sua
manifestazione, si pone in perfetta antitesi alla veloce e spesso sanguinaria
violenza dispotica. Cio' non implica che il regime democratico sia affetto da
una debolezza congenita che congeli le sue possibilita' di difesa usando la
forza, al contrario. Proprio la ramificazione bilanciata dei poteri distribuiti
ne determina la compattezza in caso di minaccia estrema, imponendo il rispetto
dei valori acquisiti lungo anni di sofferenze.
La democrazia, per sua stessa natura, non e' mai
imposta. Essa rappresenta il volere del popolo di una nazione, che ne e’
sovrano, e quindi non e' da meno esportabile come qualsiasi altro bene di
consumo. La sua diffusione non puo’ che avvenire per contaminazione, ovvero in
riproduzione, su mandato espresso del popolo, di uno o l’altro modello
democratico gia’ in uso e rodato in territori civilmente piu’ avanzati.
Potrebbe eventualmente imporsi, come e’ accaduto, per
la difesa di diritti inalienabili, intervenendo con coalizioni internazionali
piu' o meno massicce, ma tutto a diretto vantaggio di una popolazione vessata,
ivi inclusa la pianificazione del percorso necessario alla futura autonomia,
comprensivo di piani finanziari adeguati.
Nel corso del XIX e XX secolo i paesi colonizzatori
hanno via via maturato il grave torto perpetrato ai danni di popoli sottomessi
esclusivamente per attingere alle loro risorse naturali, liberandoli
dall'occupazione e riconoscendo loro il diritto ad un'esistenza autonoma. E’
possibile che le colonizzazioni, in generale, abbiano impresso le svolte
economiche decisive per l’emersione da condizioni di vita primitive, ma e’
innegabile il danno causato dall’imposizione di modelli altresi’ criticabili
per la supposta superiorita’ intellettiva, che ha dato vita al razzismo nella
sua accezione piu’ disgustosa.
La presa di coscienza,
indotta anche dai movimenti rivoluzionari nati per contrasto alla supremazia
totalitaria, costituisce se non altro,
una profonda evoluzione di cio' che
implica il concetto di democrazia nella sua essenza piu’ vivida.
Tornando ai
nostri amici-nemici extraterrestri, potremmo assumere atteggiamenti
naturalmente diversi a seconda dei casi. Se essi fossero pacifici e
sentimentali, daremmo loro il benvenuto, cercando di misurare le loro
possibilita' di offesa con tatto e benevolenza, ci uniremmo in forza contro
l'invasione se fossero al contrario belligeranti e colonizzatori, ma sempre
valutando l'efficacia di una possibile vittoria. Ci sottometteremmo nel caso in
cui fossimo nettamente inferiori, assistendo a logiche e gia’ sperimentate
alleanze dell’ultim’ora, che evidenzierebbero il labile confine fra il coraggio
patriottico, teso alla strenua difesa della propria identita’, e l’opportunismo
di comodo, rivolto al tradimento dei propri valori. In tale ultima ipotesi, si
comprende come le divisioni intestine nascono e prolificano in vista della possibilita’ di sopravvivenza e della
contemporanea sete di potere, altrimenti precluso.
In
ogni caso ,in prima analisi, la certa consapevolezza di esistenze aliene,
condurrebbe ad una rivalutazione automatica della nostra esistenza fornendo
l’occasione per un’ introspezione individuale che trascende ogni resistenza di
natura superficiale o di interessi contrapposti. Una sorta di unificazione
ideale in cui, tutti i cervelli del genere umano, come fossero singoli neuroni
collegati da sinapsi e dendriti, si connettessero al di la' di ogni confine
geografico, politico e ideologico. Un unico grande cervello democratico,
prudentemente aperto al nuovo e differente, curioso di nuove scoperte,
improvvisamente autocosciente e consapevole dei propri limiti, quasi un ascesi
a carattere divino.
Dal momento che
non si hanno riferimenti evidenti di cosa esattamente sia un extraterrestre,
molte sono le ipotesi e le iconografie partorite dalla fantasia di visionari
futuristi.
Potrebbero vagare fra noi sotto spoglie energetiche
invisibili, occupando corpi viventi o persino gia’ vissuti. Un’invasione
silenziosa, in cui, menti superiori, svolgono fra noi ruoli di indirizzo e guida
del genere umano, occupando posti di grande impatto sociale e professando, con
l’arte, la politica, le scienze e altre determinanti discipline, la promozione
della pace e dell’unita’.
Un
grande studioso di archeologia e di graffiti preistorici, il Prof. Zecharia
Sitchin, dalle incongruenze misurate sulle successioni evolutive del genere umano, e' giunto alla
conclusione che gli alieni esistevano gia' qualche milione di anni or sono, e
che noi siamo il frutto di tecniche di implementazione del DNA, operate da loro
nel passato remoto della nostra storia. Una teoria suggestiva ma purtroppo di
scarso aiuto al nostro, in confronto, modesto proposito.