domenica 27 marzo 2011

PERCORSO, UTOPIA, REALTA' E FANTASIA. (Leggi dal principio Febbraio 2011)

     
Lo sviluppo di una discussione sulle possibili ipotesi dell'unificazione globale, potrebbe trarre spunto dai punti focali elencati in precedenza, non omnicomprensivi per descrizione ma suscettibili di sviluppo tematico su cio' che realmente coinvolge un cosi' arduo ed impegnativo argomento.
Da Bertrand Russell a Andrew Gavin Marshall, sono molte le prospettive elaborate a favore dell'ipotesi, utopica secondo alcuni, di un possibile abbattimento dei confini che frazionano il mondo. Tuttavia, alimentare il fermento che anima un si' rivoluzionario concetto, puo' se non altro tenere vivo l'interesse dei governatori mondiali al progetto gia' in essere per propositi ed intenzioni, ed intrigare la psicologia del pensiero individuale al punto da renderla vivida nel contesto piu' ampio dei movimenti di massa.
L'impegno riflette la partecipazione unanime in uno sforzo comune teso all'annullamento di tabu', di interessi personali e di gruppi ristretti ed al riconoscimento di valori essenziali e universali che infondano la cultura del rispetto.
Sarebbe un'onta trascurare le materie principali che interessano un progetto di cosi' vasta portata; l'Europa a piccole tappe ha speso piu’ di cinquant'anni perche' si avverasse il sogno dell'unificazione ed il solo pensiero di un mondo intero da rimodellare fa supporre l'impiego di almeno un altro paio di secoli.
La storia, la geopolitica ,la storia economica, il diritto, l'economia, la storia delle tradizioni popolari, l'antropologia, la psicologia sociale ed individuale, la storia delle dottrine politiche e la politica stessa nella sua veste di scienza imperfetta, la scienza delle basse e alte energie insieme a quant'altro attualmente costituisce estremo interesse per il futuro di tutti i popoli, sarebbero elementi indispensabili per l'approccio al nostro tema ma, essendo altresi’ legittimo avanzare ipotesi che, pur tenendone conto, aprano improvvisi orizzonti inaspettati, tracceremo, per quanto possibile, un parallelo che tenti la mediazione fra il contesto iperrealistico e scenari previsti esclusivamente in ambito letterario futurista.
Sin dai primordi la conquista dei territori piu' fertili e ben dislocati costituiva l'obiettivo principale delle popolazioni, per assicurarsi un'esistenza sicura e priva di imprevisti.
Il primo pseudo tentativo di un mondo senza confini, puo' essere riconosciuto nell'Impero Romano,  il quale pero' ricorse al potere assolutista dispotico, al pari di Hitler, per realizzare l'idea concreta di unificazione globale, con mire espansionistiche.
Se, quindi, la conquista del mondo e sua conseguente unificazione, sotto l'unica bandiera dominante, rappresentano il fine ultimo che ha spinto imperatori e generali a promuovere la guerra quale conflitto organizzato, si puo' del pari sostenere che ogni guerra ha creato divisioni acute fra invasori e sottomessi e di fatto, per fortuna, nessun potere ha mai raggiunto lo scopo di sottomissione globale.
Cosa accadrebbe, se invece, improvvisamente la terra fosse oggetto di minacce da parte di entita' extraterrestri molto piu' evolute della nostra specie, e molto piu' arroganti e violente ? Ubi major minor cessat, ovvero, in presenza di un conflitto di tale ampia portata, ogni singola questione terrena, dal problema israelo-palestinese alle tensioni interne fra religioni, dalle rivolte arabo-africane sino alla questione afgana, costituirebbero materia morta. Il mondo intero sarebbe improvvisamente rivolto nella difesa del valore supremo, spesso disconosciuto per interessi economici o strategie politiche di natura domestica, identificato nell’affrancamento dal giogo altrui. Il processo di unificazione in tal caso sarebbe tacito e istantaneo e nessun dubbio aleggerebbe sull'uso di possibili armi nucleari e sull'impiego di mezzi e uomini fra i piu' potenti e preparati esistenti al mondo.        Gli arsenali privati di ogni singolo Stato, militari e civili, diverrebbero patrimonio difensivo comune mirato alla salvaguardia mondiale.
Senza dubbio un atto forzato, dettato principalmente dall'istinto primordiale che concerne la conservazione della specie e dall'istinto di sopravvivenza. Il genere umano realizzerebbe in pochi istanti di essere unico e che le varie differenziazioni in base alle origini etniche, costituiscono il grande valore che determina la diversita' della manifestazione vitale sul nostro pianeta.
Detta reazione si manifesterebbe analogamente, come in effetti accade nella realta’, in presenza di  eventi catastrofici e calamita’ naturali che colpiscono democraticamente uno o piu’ territori del globo terrestre.
La solidarieta' e' un istinto naturale, come il pacifismo. Se l'evoluzione della specie ha premiato di volta in volta l'egoismo individuando l'altruismo quale prima causa di selezione naturale, si tratta ora di affermare le ragioni di chiunque respiri la nostra aria, la sua dignita' ed il rispetto che gli e' dovuto, ribaltando i concetti. Una civilta’ evoluta, vede il sano egoismo dettato dal benessere accompagnarsi all’altruismo necessario dettato dall’istinto di conservazione della specie, in via sobria ed equilibrata, fin quando sia assicurato un livello di vita ed aspettative minime e garantite per tutti.
Il vivere quotidiano assorbe le nostre energie in misura pressoche' analoga, sia per la mera sopravvivenza che per l'accumulo di ingenti ricchezze. Sebbene gli investimenti individuali in termini di fatica fisica o mentale possano equivalersi, differente sarebbe la reazione di chi ha nulla da perdere rispetto a chi ha molto a cui dover rinunciare.
La guerra fredda che contrappose il blocco sovietico e quello occidentale, minacciando in un’alternanza continua l’utilizzo delle armi nucleari, costituiva grande rischio per le masse, ovvero per tutti coloro che di fatto erano e sono esclusi dalla possibilita' di sopravvivenza in occasione di una guerra mondiale.
Il possesso di adeguati bunkers antiatomici, privilegio di ricchi e potenti politici, affaristi e faccendieri, pone in evidenza il contrasto e le smisurate sproporzioni in cui la popolazione globale e’ costretta a confrontarsi.  Cio' fa riflettere sull'alto grado di preparazione necessario per affrontare, senza discriminazioni di sorta e con l'onesta' di cui abbiamo evidenti esempi passati e presenti, un possibile cambiamento epocale, che ponga le basi per una contaminazione globale: un mondo, un popolo.
La sola forma di espressione politica in grado di assolvere al compito di garante dei diritti universali dell'uomo, e' la democrazia, nella varie sue forme, Presidenziale, Parlamentare o Monarchica. Altri modelli, sebbene abbiano posto l'accento su serie incongruita' relative all'organizzazione sociale democratica, hanno fallito il proprio mandato, perche' sbilanciati, se non del tutto accentratari dei necessari poteri utilizzati per la conduzione di un paese.
            La democrazia prevede un delicato sistema di bilanciamento dei vari  poteri, in via tale che eventuali eccessi manifestati da un lato, siano adeguatamente controllati e bilanciati dall’altro, cosicche’ eventuali e sempre  possibili colpi di mano
tesi all'affermazione di uno Stato assolutista, vengano prevenuti col necessario anticipo. 
           Da qui lo sviluppo della dialettica e, quale primario insopprimibile diritto, della liberta' d'espressione, che per quanto retorica, lenta o demagogica nella sua manifestazione, si pone in perfetta antitesi alla veloce e spesso sanguinaria violenza dispotica. Cio' non implica che il regime democratico sia affetto da una debolezza congenita che congeli le sue possibilita' di difesa usando la forza, al contrario. Proprio la ramificazione bilanciata dei poteri distribuiti ne determina la compattezza in caso di minaccia estrema, imponendo il rispetto dei valori acquisiti lungo anni di sofferenze.
La democrazia, per sua stessa natura, non e' mai imposta. Essa rappresenta il volere del popolo di una nazione, che ne e’ sovrano, e quindi non e' da meno esportabile come qualsiasi altro bene di consumo. La sua diffusione non puo’ che avvenire per contaminazione, ovvero in riproduzione, su mandato espresso del popolo, di uno o l’altro modello democratico gia’ in uso e rodato in territori civilmente piu’ avanzati.
Potrebbe eventualmente imporsi, come e’ accaduto, per la difesa di diritti inalienabili, intervenendo con coalizioni internazionali piu' o meno massicce, ma tutto a diretto vantaggio di una popolazione vessata, ivi inclusa la pianificazione del percorso necessario alla futura autonomia, comprensivo di piani finanziari adeguati.
Nel corso del XIX e XX secolo i paesi colonizzatori hanno via via maturato il grave torto perpetrato ai danni di popoli sottomessi esclusivamente per attingere alle loro risorse naturali, liberandoli dall'occupazione e riconoscendo loro il diritto ad un'esistenza autonoma. E’ possibile che le colonizzazioni, in generale, abbiano impresso le svolte economiche decisive per l’emersione da condizioni di vita primitive, ma e’ innegabile il danno causato dall’imposizione di modelli altresi’ criticabili per la supposta superiorita’ intellettiva, che ha dato vita al razzismo nella sua accezione piu’ disgustosa.
La presa di coscienza, indotta anche dai movimenti rivoluzionari nati per contrasto alla supremazia totalitaria,  costituisce se non altro, una profonda evoluzione di cio' che  implica il concetto di democrazia nella sua essenza piu’ vivida.
 Tornando ai nostri amici-nemici extraterrestri, potremmo assumere atteggiamenti naturalmente diversi a seconda dei casi. Se essi fossero pacifici e sentimentali, daremmo loro il benvenuto, cercando di misurare le loro possibilita' di offesa con tatto e benevolenza, ci uniremmo in forza contro l'invasione se fossero al contrario belligeranti e colonizzatori, ma sempre valutando l'efficacia di una possibile vittoria. Ci sottometteremmo nel caso in cui fossimo nettamente inferiori, assistendo a logiche e gia’ sperimentate alleanze dell’ultim’ora, che evidenzierebbero il labile confine fra il coraggio patriottico, teso alla strenua difesa della propria identita’, e l’opportunismo di comodo, rivolto al tradimento dei propri valori. In tale ultima ipotesi, si comprende come le divisioni intestine nascono e prolificano in vista della  possibilita’ di sopravvivenza e della contemporanea sete di potere, altrimenti precluso.
 In ogni caso ,in prima analisi, la certa consapevolezza di esistenze aliene, condurrebbe ad una rivalutazione automatica della nostra esistenza fornendo l’occasione per un’ introspezione individuale che trascende ogni resistenza di natura superficiale o di interessi contrapposti. Una sorta di unificazione ideale in cui, tutti i cervelli del genere umano, come fossero singoli neuroni collegati da sinapsi e dendriti, si connettessero al di la' di ogni confine geografico, politico e ideologico. Un unico grande cervello democratico, prudentemente aperto al nuovo e differente, curioso di nuove scoperte, improvvisamente autocosciente e consapevole dei propri limiti, quasi un ascesi a carattere divino.
 Dal momento che non si hanno riferimenti evidenti di cosa esattamente sia un extraterrestre, molte sono le ipotesi e le iconografie partorite dalla fantasia di visionari futuristi.  
Potrebbero vagare fra noi sotto spoglie energetiche invisibili, occupando corpi viventi o persino gia’ vissuti. Un’invasione silenziosa, in cui, menti superiori, svolgono fra noi ruoli di indirizzo e guida del genere umano, occupando posti di grande impatto sociale e professando, con l’arte, la politica, le scienze e altre determinanti discipline, la promozione della pace e dell’unita’.
  Un grande studioso di archeologia e di graffiti preistorici, il Prof. Zecharia Sitchin, dalle incongruenze misurate sulle successioni  evolutive del genere umano, e' giunto alla conclusione che gli alieni esistevano gia' qualche milione di anni or sono, e che noi siamo il frutto di tecniche di implementazione del DNA, operate da loro nel passato remoto della nostra storia. Una teoria suggestiva ma purtroppo di scarso aiuto al nostro, in confronto, modesto proposito.