Ai fini della comprensione di cio' che possa
significare un mondo senza confini sarebbe necessario soffermarsi sul concetto
di globalizzazione e sulle varie proiezioni legate a tale visione.
Si
e' detto che non sarebbe possibile immaginare il nostro pianeta unito se non in
un contesto del tutto democratico, a garanzia del rispetto verso qualsiasi
essere vivente.
Il processo di
unificazione attualmente in atto concerne esclusivamente l'economia, sebbene
molte convenzioni multilaterali fra gli Stati esistenti indirizzino il proprio
impegno verso una collaborazione reciproca su tutti i fronti che non
appartengono strettamente ai mercati.
Cio' rivela la volonta' di fondo tesa
all'unificazione, probabilmente in affanno rispetto alla velocita' dimostrata
dall'economia, la quale, inseguendo profitti extraterritoriali, si e' inoltrata
in operazioni che hanno sottomesso governanti e consumatori creando
ramificazioni settoriali in ogni luogo, preferendo i mercati poveri, laddove il
costo del lavoro e' ultra conveniente, ed i mercati ricchi, per la
distribuzione dei prodotti destinati alle classi sociali benestanti,
determinando piu' volte lo snaturamento di realta' tipiche locali a favore
della standardizzazione indiscriminata industriale e commerciale.
Il sogno capitalista espansionistico ha cosi'
realizzato la deregulation antropologica, proiettando frammenti di cultura
industriale occidentale in territori oggettivamente impreparati all'impatto
economico-culturale, e causando quindi scompensi di varia natura, nello svilire
l'autenticita' di contesti a lungo
preservati da ogni tipo di contaminazione.
Tale specie di globalizzazione economica e' invasiva e
deturpante dei valori e tradizioni positive di ogni singola comunita', e la
complicita' della politica malata di
avidita' ne ha favorito lo sviluppo.
La globalizzazione responsabile e' democratica nella
pianificazione del progresso, evitando l'imposizione di modelli sociali e
culturali quali fossero la sola reale visione unificante, e iniettando
piuttosto l'idea di uno sviluppo globale che abbia come condizione l'esaltazione dell'originalita'
individuale associata allo sfruttamento delle risorse naturali locali.
In tal senso tendera' ad instillare non piu' i propri
logos, bensi' i concetti di memi e moni come rispettivamente Richard Dawkins e
Laszlo Mero ipotizzano per la diffusione autoreplicante di cultura ed economia,
in un panorama complessivo all'insegna del rispetto e dell’originalita’.
Quando ogni
territorio raggiungera' la capacita' di relazionarsi pacificamente con il resto
del mondo, in un continuo scambio di ricchezza culturale ed economica, in un
equilibrio caratterizzato da solide basi democratiche, allora i confini
preesistenti risulteranno inutili ed anacronistiche barriere che, in tempi
pregressi, determinavano il concetto di import-export oramai obsoleto.
Tutto appartiene a tutti senza distinzioni di valuta,
di razza, di sesso e religione.
Si dira' che molti secoli passeranno prima che tale
profezia si avveri, o forse che si tratti solo di utopie evanescenti, eppure il
processo storico in cui il nomadismo ha ceduto il passo agli insediamenti
stanziali o anche la soppressione del capo tribu' per la costituzione della
comunita' fraterna totemica non sono altro che i prodromi della nostra attuale
civilta'.
L'organizzazione sociale contemporanea ha sostituito
il capo tribu' con lo Stato democratico, punto di riferimento indispensabile
per la psicologia collettiva, che ha spesso necessitato di un leader incarnato
nelle fattezze umane, generando dispotismi intollerabili. L'evoluzione della
civilta' ha creato un leader virtuale, che rappresenta indistintamente tutta la
comunita', gestito da membri eletti dalla comunita' stessa e che svolge la
funzione protettiva e severa che rivestiva il vecchio capo tribu'. Il
sentimento che agisce da collante sociale e' la fraternita' legata all’uguaglianza, le cui garanzie sono
ripagate dalla fedelta' riposta allo Stato, che applica la giustizia, regola e
pacifica le relazioni e si occupa dello sviluppo economico.
Se e’ vero che l’idea di un eventuale colonizzazione
della terra da parte di entita' aliene, di cui si e' accennato in precedenza,
potrebbe provocare un’improvvisa coesione fra gli esseri umani, e’ altresi’
possibile che ciascuno segui il proprio esclusivo interesse alla salvezza a
danno degli altri.
Il grande salto
evolutivo che la popolazione mondiale attende, non puo’ risiedere nella visione
unipersonale ma deve riflettere l’interesse collettivo senza distinzioni di
sorta.
Teorici e
profeti ipotizzano un'estinzione di massa nel giro di qualche secolo, e per
l'esplosione demografica, e per lo scarso rispetto nutrito per il pianeta. Altri
prevedono catastrofi immense e su queste fantomatiche visioni va sviluppandosi
la cultura egoistica dell'esistenza che produce disinteresse verso le
generazioni future, sintetizzando l'essenza della vita in un quadro prettamente
edonistico.
Se seguissimo semplicemente il nostro istinto di
conservazione, inserito in una visione prudenziale di cio' che il futuro puo'
riservare, sarebbe possibile raggiungere tappe importanti anche in brevi lassi
di tempo.