sabato 30 gennaio 2016

LA POLITICA (Leggi dal principio -Febb. 2011)

Come anticipato nelle premesse, la politica puo' tradursi come l'essenza della vita. Ogni azione quotidiana richiede scelte che comportano responsabilita' e le strategie poste in essere per ottimizzare l'esistenza si compendiano nella politica personale adottata. La piu' idonea e favorevole in relazione alle proprie esigenze. Cio' vale in ambito individuale come in ambito collettivo.
 L'ottimizzazione delle risorse collettive di una comunita' viene raggiunta a mezzo della politica attuata, tenuto conto delle idee e del pensiero collettivo. La persuasione e la retorica giocano ruoli fondamentali senza tralasciare l'importanza dell'azione, ovvero la realizzazione pratica di tutte le strategie elaborate, volte a raggiungere gli obiettivi preposti.
In ambito democratico, il pensiero politico che si e' evoluto nel corso della storia, ha raggiunto un equilibrio fra due pensieri dominanti, quello liberale conservatore e quello progressista riformista. Due grandi blocchi contrapposti che in questo particolare momento in cui il mondo intero si misura con profonde e gravi crisi di valori ed economiche, cooperano in taluni comuni scopi per il bene dei cittadini. Questa osmosi temporanea costituisce la dialettica democratica, il cui obiettivo primario consiste nella soddisfazione delle necessita' impellenti della collettivita'. Infatti, come le piu' rispettose e democratiche carte costituzionali recitano, "la sovranita' appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e con i limiti dettati dalla Costituzione".
           La sostanziale differenza che distingue il pensiero liberal conservatore da quello progressista riformista, consiste nella priorita' che il primo riserva alla liberta' rispetto all'uguaglianza, al contrario del secondo che predilige in primis l'uguaglianza, condizione essenziale per una completa liberta'. Inoltre, l'ideologia conservatrice mira a catturare il consenso elettorale esaltando i valori dettati dalla tradizione, evitando per quanto possibile il rinnovamento e proponendo modelli sociali sperimentati e conosciuti; al contrario l'ideologia progressista si propone quale fautrice dell'adeguamento repentino alla civilta' complessa, introducendo per lo piu' nuovi modelli di riferimento quali soluzioni in risposta al veloce cambiamento culturale e sociale.
Entrambe le ideologie mirano ad obiettivi comuni, ovvero il benessere sociale, ma con diversi presupposti e strategie. Cosa sia piu' importante e prioritario rispetto alle citate formulazioni e' questione personale, ma e' forse il caso di chiarire alcuni concetti.
Come si e' gia' detto in precedenza, il libero arbitrio rappresenta il motore necessario affinche' una collettivita' interagisca proficuamente, dando vita, nel rispetto delle regole, anche ad un sistema economico.
 Il libero arbitrio comporta l'impegno della responsabilita', senza il quale viene infranto il patto della civile convivenza. Sovente, invece, si ritiene che la liberta' e con essa la felicita', risiedano nel mero possesso della proprieta' privata, ovvero nella disponibilita' di patrimoni e/o ricchezze che possano emancipare l'individuo dai suoi vincoli limitanti, ovvero, la sopraffazione subita, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la subordinazione a poteri dettati esclusivamente dall'economia.
Cio' induce ad ignorare quelle responsabilita' derivanti dalla fruizione del libero arbitrio, provocando conseguenze dannose e irreversibili all'intera comunita'. Non esiste liberta’ che non implichi responsabilita’.
L'avvento e il dominio del sistema capitalistico selvaggio, hanno minato valori e concetti posti alle fondamenta dell'essere umano, quali il diritto alla propria crescita e maturazione, alla propria affermazione in societa' ed alla propria soddisfazione.
Il potere politico compiacente o asservito a quello economico, risulta incapace e inefficace a domare gli strapoteri della cattiva finanza, tradendo il mandato ricevuto e creando ancor piu' delusione, diffidenza e insoddisfazione generale. Le carte costituzionali garantiscono tali diritti, e la politica dovrebbe intervenire legiferando, affinche' nessun ostacolo e di qualsiasi natura, se non il mero rispetto delle regole, si frapponga fra l'individuo ed i suoi obiettivi.
Purtroppo la realta' odierna dimostra un quadro tutt'altro che roseo e rispettoso dei diritti e doveri costituzionali.
Le responsabilita' della liberta', essendo ampie e gravose, vengono eluse facilmente, ritenendo che tutto sommato non sia indispensabile assumerle, recando in questo modo gravi danni alla comunita' circostante. Inoltre, come un meme impazzito, l'irresponsabilita' costituisce infezione del tessuto sociale, che deperisce, si ammala e finisce, logorato dall'espansione incontrollata, per usare un neologismo, di cellule neoplastiche.
Ogni individuo che vive nella collettivita' e' libero in quanto responsabile. Quando l'irresponsabilita emerge, la liberta' muore. Questa, nei principi generali, costituisce la regola fondamentale per una civile, pacifica e libera esistenza. Per quanto invece concerne l'uguaglianza, e' importante distinguere fra uguaglianza meramente economica e uguaglianza sotto il profilo morale e giuridico.  Nei regimi comunisti trascorsi l'uguaglianza riferiva il suo significato a tutte le condizioni dell'essere umano, da quella economica a quella etico-morale. Purtroppo, nella pratica, l’equa distribuzione della ricchezza riguardava la grande massa, con esclusione illogica dei ceti aristocratici e di potere politico. In ambito democratico, in cui il sistema capitalistico funge da vero motore economico, viene garantita, e purtroppo non sempre, la sola parita' etico-morale, escludendo di fatto la citata uguaglianza economica.
 I ceti deboli ed emarginati ricevono aiuti insufficienti alla conduzione della propria esistenza e il piu' delle volte soccombono al peso schiacciante dell'economia di mercato. Ma l'attuazione pratica dell'uguaglianza risulta difficoltosa persino all'esterno del concetto economico.
Razzismi legati all'etnia, alle religioni, ai sessi, al pensiero personale ed alla libera espressione, sono fermenti attualissimi ancora del tutto irrisolti.
Il malcontento sempre piu' ampio, dovuto alla crisi mondiale in atto, produce ansia per la propria affermazione, e spinto a limiti estremi, causa estreme reazioni.
Sembrerebbe un circolo chiuso in cui sono irriconoscibili l'inizio e la fine. Una spirale perversa in cui l'orizzonte degli eventi ne conferma l'essenza di un buco nero.
Quindi, a prescindere dalla scelta di quale politica adottare, sembrerebbe prioritario risolvere talune questioni inerenti l'essenza dell'individuo in societa', con i vari riferimenti costituzionali ed alla carta universale dei diritti dell'uomo, una volta per tutte e per tutti i paesi esistenti. Infatti, diversi Stati, nella realta' odierna, disconoscono sia la Carta Universale dei diritti fondamentali dell'Uomo, sia le istituzioni a carattere globale, quali  l'ONU o la Corte Penale Internazionale, che ne applicano i principi fondanti.
E' assolutamente necessaria la volonta' unanime di tutti i paesi del globo terrestre, a stringersi in una coalizione che abbia quale punto di riferimento unico e insostituibile, l'essere umano.
Quanto descritto nel racconto "La Falsa Vita di Dick", e' indicativo di come la politica abbia svolto un ruolo prettamente marginale rispetto alle direttive militari, in virtu' di un solo obiettivo, la salvezza dell'umanita'. Il libero arbitrio di Dick e' stato puntualmente condizionato, manipolato e distorto, al punto da inibire la sua piena facolta' di uomo libero, e da infondergli solo l'illusione di quel libero arbitrio di cui pensava essere titolare.
L'estensione di questo concetto, ovvero l'illusione di possedere tale facolta', senza peraltro esserne consapevole, e' questione filosofica dibattuta, e trova conforto in diverse teorie scientifiche o anche della cospirazione, secondo cui l'essere umano sarebbe succubo di poteri e forze superiori, le quali condizionano e indirizzano di volta in volta il suo volere, a sua insaputa, in guisa tale da rendere ogni sua azione una vana illusione. Anche se il tema sembrerebbe poco pertinente, esso si lega alla politica in via indissolubile. Ogni scelta, ogni strategia applicata dal potere politico, per la soluzione di problematiche sociali, potrebbe altro non essere che mera illusione, ossia, se esistono davvero poteri superiori che condizionano a tal punto l'esistenza umana, l'azione politica diviene l'affannoso annaspare di chi non raggiunge mai la sua meta.
Si e' discusso sin ora di modelli politici teorici in cui il libero arbitrio ha svolto il ruolo di protagonista, in onore al concetto democratico. Ma se, ad esempio, interviene un broglio elettorale che favorisce una anziche' l'altra fazione, determinando la gloria per una e la sconfitta per l'altra, dunque ogni patto di convivenza civile e' infranto ed il libero arbitrio degrada al ruolo marginale di mera illusione. E cosi' via, in un'escalation gerarchica che, partendo dal basso, raggiunge le cime piu' insospettabili. Dall'enorme potere di Bilderberg, famosa associazione di grandi facoltosi, che secondo varie scuole di pensiero anche cospirazionista, dirige, condiziona e manipola l'intera economia mondiale(Strategie della Manipolazione), sino, per eccesso, al grande meccanismo computerizzato, che, nell'idea di qualche scienziato molto accreditato, governa e stabilisce le sorti dell'universo intero, in virtu' di un intricatissima quanto sofisticata rete, simile alle connessioni sinaptiche e neuronali ma di natura quantistica. (Libero Arbitrio: Illusione o Realta')(Non Sense Signifyng).
Sono quindi gli sforzi di ogni individuo finalizzati ad obiettivi concreti e raggiungibili ? L'esistenza di ognuno, e' oggetto di sua personale gestione o e', in verita', una riproduzione squallida dello schiavismo praticato sino alla fine dell'800?
Se cosi' fosse, ogni tentativo unificante risulterebbe altresi’  illusorio o rischierebbe persino di favorire l'ascesa del male a caratte globale.
In premessa e' stata citata la possibilita', in particolare la tesi di Zecharia Sitchin, che la specie terrestre sia un esperimento ben riuscito e posto in essere da entita' aliene mai ufficialmente identificate e riconosciute. Diverse di queste teorie animano l'immaginazione di futurologi, ufologi e studiosi della preistoria, ma purtroppo, anche se tutto cio' avesse fondamento attendibile, dovremo, per quanto possibile, attenerci esclusivamente alla nostra, piccola e mediocre, realta' pulviscolare.
L'Universo in cui siamo immersi, come il nostro personale, e' politico, ma la politica in terra e' ancora in fase gestazionale.
Il progressivo sviluppo della complessita' ha determinato mutamenti sociali, a volte favorevoli al contesto politico, a volte deleteri. Il raffinamento delle discipline ha condotto alla particolare specializzazione in ogni settore, per amor di perfezione e per connotare scientificamente ogni campo d'indagine.
Anche la politica si e' evoluta recando con se ogni pregio e difetto relativo alla sua trasformazione. Rispetto al trascorso trentennio, il linguaggio e' piu' articolato, preciso ed ogni parola riveste significati univoci, anche se spesso risulta incomprensibile alle masse.
Le filosofie di base, ispiratrici delle varie correnti di pensiero, sono via via divenute veri e propri trattati di scienze politiche, dove l'immaginazione e la fantasia, che tanto hanno contribuito alla formazione delle ideologie, hanno ceduto il passo a complessi manuali d'istruzione per l'uso, in cui appaiono posologie ed avvertimenti su eventuali effetti collaterali inenarrabili.
Le direttive fornite dalle segreterie di partito risultano teoricamente meno rigide del passato, molto attente alle indagini di mercato circa il consenso elettorale ma anche servilmente chine al dominio dei mass media, che ne determina successi e catastrofi.
La comunicazione mediatica ha sostituito la dialettica storica con spot e dichiarazioni telegrafiche di grande impatto subliminale, accostando il pensiero ideologico ad una semplice operazione di marketing applicato. Il tutto innaffiato da buon umore e ottimismo costante, ingredienti necessari alla lungimiranza di progetti e proposte.
Il corpo elettorale, cresciuto all'insegna della filosofia consumistica, digerisce la politica come qualsiasi prodotto posto in vetrina e, a seconda delle convenienze, sceglie l'uno o l'altro schieramento tuttavia fidandosi sempre meno della genuinita' degli ingredienti.
Ecco come il libero arbitrio, nelle sue piu' embrionali manifestazioni, appare essere non piu' una facolta' acquisita e concessa dall'impianto democratico ma un diritto fittizio servito a tavolino, di cui si e' anche paradossalmente debitori e in cui, l'unica vera vittima di un sistema dettato esclusivamente da interessi economici, risulta essere l'intelligenza dell'essere umano.
La politica e' stata, e' e dovra' sempre costituire il vero fondamento dell'attivita' umana in terra. Le conquiste civili raggiunte con sacrifici impagabili non possono nella maniera piu' assoluta correre anche solo il piu' piccolo rischio di essere affossate da pochi, incolti e potenti magnati, eccellenti persuasori del futile e avidi truffatori della verita'.
La visione antropica di un pianeta restituito all'essere umano ed alle sue prerogative essenziali, benche' immerso nel futuro del terzo millennio, deve prevalere sull'egemonia invadente e arrogante di quanto tende a seppellire l'individualita', la diversita' nell'unicita' promuovendo uniformita' e piattezza intellettiva.
L'esaltazione dell'individuo, quale massimo rappresentante del pensiero terreno, non puo' affidarsi alle norme di una Costituzione Universale ne' tanto meno alla sua immagine speculare spedita nello spazio, se tali fondamenti non siano prima effettivamente applicati a tutta la popolazione mondiale.
 La politica, nazionale, federale e mondiale, riveste tale arduo ma indispensabile compito. Restituire cio' che atavicamente appartiene e che fraudolentemente e' stato sottratto all'essere umano: il libero arbitrio.
Come si e' accennato, l' altro punto fermo che rappresenta una delle conquiste piu' ambite e sofferte dell'intelligenza umana, e' l'uguaglianza. Significa l'abbandono totale e definitivo di qualsivoglia pregiudizio di un individuo sull'altro, in relazione ai piu' svariati motivi di discriminazione e soprattutto in ambito giudiziario, laddove il potere economico interferisce manipolando la giustizia. Ogni elemento atto a differenziare l'uomo, la sua estrazione etnica, culturale e sociale fusa al suo vissuto esperienziale, costituisce una ricchezza individuale e collettiva solo se interpretato in un quadro di uguaglianza globale.
Come abbiamo visto, il sentimento della solidarieta', nella sventura comune, spoglia l'individuo da tale filtro discriminante e accomuna nelle difficolta', la potenza della coesione e la cooperazione, senza operare distinguo mutilanti.
Nella realta' odierna, piu' che mai, e' in atto un processo regressivo in cui popoli stanziali e benestanti rifiutano ospitalita' a migrazioni di massa dovute a guerre e miserie. Il timore di soccombere per offrire asilo sulla propria scialuppa di salvataggio ormai piena, prende il sopravvento, generando panico e reazioni collettive isteriche.
 L'antico detto "mors tua vita mea", riemerge sistematicamente in situazioni emergenziali, in quanto connaturato al profondo istinto di sopravvivenza che caratterizza gli esseri viventi, ma e' anche opportuno considerare che il benessere in generale dovrebbe svolgere una funzione distensiva, che avvicina culture diverse eliminando ogni fattore discriminante, violenza inclusa.  In contesti simili, quest’ultima  emerge in via proporzionale alla regressione dell’individuo al suo stato animalesco. Il ruolo fondamentale della paura consiste nella pulsione primaria che spinge alla sopravvivenza, scegliendo fra la fuga e la lotta, e quest’ultima implica violenza.
Ai nostri giorni la violenza gratuita non costituisce ricchezza interiore e va sempre discriminata, giudicata e condannata. Essa costituisce la negazione dell'intelletto quando utilizzata come mezzo di sopraffazione e/o di offesa, e di fatto, colui che ricorre alla violenza per la propria affermazione, e' solitamente privo di ogni elemento distintivo dell'essere umano.
Tuttavia, il concetto di uguaglianza per sua propria natura, abbraccia senza pregiudizi anche tipicita' simili, in considerazione di una sana politica educativa che ponga rimedio o prevenga le falle fisiologiche aperte in seno ad ogni comunita'.
Il sistema punitivo nella sua funzione di base, svolge il ruolo essenziale di supporto sociale, in virtu' del quale, democraticamente parlando, non la vendetta trova espressione, ma la giustizia.
La privazione della liberta', congiunta alla rieducazione, costituiscono gli elementi preparatori al reinserimento ed integrazione sociale. La pena capitale, in atto presso diversi Stati contemporanei, anziche' rappresentare l'esempio scoraggiante a commettere violazioni, costituisce tuttalpiu' la forma di massima violenza perpetrata da uno Stato padrone, colpevole di aver creato i presupposti malsani atti alla crescita ed allo sviluppo di personalita' deviate se non malate.
 Il concetto di uguaglianza prende ispirazione dal pensiero panteista, secondo cui, ogni forma vivente esistente, merita il dovuto rispetto in virtu' di una parificazione totale, in cui l'esaltazione della vita nella sua accezione piu' ampia, conduce all'apprezzamento di ogni piu' piccola diversita' che non costituisca abuso o danno per la propria personale esistenza.
Tale ultimo principio e'  stato travisato e distorto piu' volte nel corso dei secoli, anche in ambito religioso, quando, per esempio, la funzione del movimento illuminista ha rischiato di essere additata quale minaccia al modello di vita in vigore.
La sete di conquista territoriale e l'egemonia culturale, hanno determinato massacri fisici e psicologici di grande portata per tutti i nativi locali e i liberi pensatori, vittime di avidita' incontrollate e pregiudizi di stampo razzista, con conseguente violazione di quel rispetto di fondo necessario alla pacifica convivenza.
Uguaglianza e libero arbitrio marciano di pari passo nell'atmosfera contaminante del globo terrestre, come fenomeni avvolgenti e pacificanti, veicoli primari di aggregazione e sviluppo economico-sociale.
E' appena il caso di aggiungere qualche breve considerazione in merito all'argomento di cui in trattazione.
Come si e' detto, la politica assolve alla funzione, nell'osservanza dei fondamenti costituzionali, di gestire responsabilmente ed oculatamente l'apparato pubblico, in conformita' all'orientamento prevalso. Ogni volta che e' necessario ricorrere alle votazioni, si da' vita ad un nuovo negozio giuridico fra corpo elettorale e candidati all'adempimento del mandato, col quale, la maggioranza dei cittadini, affida in completa fiducia, ai nuovi eletti, la gestione della cosa pubblica.
La fiducia rimessa dal popolo trova corrispondenza nell'impegno totale e disinteressato del nuovo Governo, all'assolvimento dei suoi doveri, in vista degli obiettivi prefissati e delle promesse decantate. Le possibilita' di concretizzare quanto riposto nelle aspettative, non sono sempre certe. La mancata realizzazione di parte o tutte le tappe previste in calendario, rappresenta una fra le diverse probabilita' di insuccesso, dovute ad una gestione troppo allegra o persino irresponsabile.
Anche l'ostruzionismo ad oltranza, sebbene inserito nelle regole del confronto parlamentare, nella sua estrema esasperazione, costituisce a volte grave danno agli interessi del paese.
E' difficile che un mandato parlamentare riesca a sopravvivere in carica per il tempo stabilito dalla Costituzione, e, spesso, il governo al timone, viene sfiduciato per la mancanza della maggioranza al proprio interno.
Il negozio giuridico di cui in parola, viene quindi risolto per ricorrere a nuove votazioni e, non essendo previste penali, se non esclusivamente a carico dei cittadini, traditi ancora e per questo sempre piu' diffidenti, i politici uscenti si limitano a giustificare le cause del fallimento, ribaltando le responsabilita' delle conseguenze sui propri avversari o altri capri espiatori, intascando infine il vitalizio previsto per la copertura delle cariche istituzionali.
Nessun risarcimento e' previsto, come quando un negozio giuridico si risolve per inadempimento contrattuale, a favore del popolo per danni colposi o volontari arrecati alla nazione, come nessuna interdizione alla copertura di ruoli istituzionali futuri e' disposta, tant'e' che, i governanti uscenti, quando colpevoli della risoluzione contrattuale con i cittadini, hanno facolta' di ricandidarsi immediatamente (Responsabilita' dei Giudici).
Detto sistema, a lungo andare, depriva il paese della funzione democratica atta a infondere fiducia e autostima in un popolo che, a conti fatti, preferisce mutare le proprie convinzioni adattando il proprio spirito e imitando i suoi rappresentanti.
Inoltre, e' necessario ribadire che l'alternanza, nel suo piu' ampio respiro, costituisce l'ossigeno indispensabile alla sopravvivenza dell'impianto democratico, sempre che questa sia un'esclusiva scelta elettorale e giammai una regola meccanica di funzionamento.


mercoledì 20 gennaio 2016

LE FORZE DI SICUREZZA (Leggi dal Principio Febb. 2011).



Per forze di sicurezza intendiamo riferirci ad ogni corpo militare, omnicomprensivo di tutti gli apparati dediti all'ordine pubblico. E' un tema importante, attesa la disparita' di organizzazione all'interno di ogni singola nazione.
A seconda delle funzioni svolte, ad ogni corpo viene riconosciuto maggiore o minor potere, il cui controllo e' esercitato dai Ministeri da cui dipendono, in relazione alle funzioni espletate.
In democrazia, il capo supremo di tutte le forze militari e' sempre il Presidente della Repubblica, o, nel caso di democrazia monarchica, la carica reale piu' alta in grado.
E' accaduto piu' volte, persino nel recente passato, che forze militari abbiano organizzato autonomamente colpi di Stato tesi al rovesciamento del potere in vigore, e in virtu' di tale possibile evenienza', appare sempre indispensabile prevedere e anticipare ogni seppur piccolo sospetto, il cui scopo sia rivolto a questo fine.
L'impianto democratico, pur essendo ben attrezzato da un punto di vista teorico, fallisce quando la difesa delle norme costituzionali, che regolano e garantiscono la liberta', non e' adeguata o viene affidata a organi di dubbia fedelta’  morale.
Non esistono formule o ricette particolari che  scongiurino del tutto il rischio di colpo di Stato,  ma e' comunque opportuno porre in essere tutte le possibili precauzioni prudenziali al fine di ridurre al minimo simili possibilita’. L' Italia, che dovrebbe essere considerata uno fra i paesi meno vulnerabili a tale fattispecie di eventualita’, nel corso degli ultimi sessant'anni, ha rischiato ufficialmente almeno due volte la propria integrita' democratica, per tentativi di golpe falliti miseramente, ed e' possibile che la stessa intenzione sia stata solo teoricamente progettata, senza che la notizia fosse mai divulgata, molte piu' volte (Golpe Perfetto).
I trascorsi di questa nazione hanno visto la peggiore delle realta' del ventesimo secolo, con l'avvento del fascismo e l'infelice alleanza col nazismo.
La devastante esperienza maturata in quel momento storico,  ha determinato la grande prudenza e saggezza dei padri fondatori della Costituzione, che hanno provveduto con opportune misure legislative, a scongiurare ogni possibile rigurgito futuro di quell'ideologia cosi’  catastrofica.
 L’argomento in questione includerebbe di fatto anche la trattazione sul tema della politica, ma, essendo un argomento fra i fondamentali che seguiranno nel percorso intrapreso, ne approfondiremo la natura e le aspettative in seguito, per quanto eroica sia la riduzione del presente minitrattato.
Ammesso che sia prima o poi possibile convincere ogni singolo Stato sulle prerogative vantaggiose che l'impianto democratico offre e garantisce, avremmo almeno raggiunto buona parte degli scopi prefissati, se potessimo almeno uniformare a livello globale, i regolamenti tesi al buon funzionamento delle forze di sicurezza, potendo cosi’ immaginare una nuova era in cui, l’uniformita’ di azione e intervento di ogni singola unita’ operativa, garantisca il necessario e dovuto minimo rispetto alla dignita’ individuale e collettiva.
Significherebbe che, in via teorica, non avremmo piu' casi di torture inflitte arbitrariamente (a tutt’oggi la tortura in Italia contro gli esseri umani non e' ancora un reato), ne' abusi di potere locale.
Non avremmo alcuna disparita' di trattamento del reo colto in flagranza, quale che sia il territorio in cui si consumi il reato, ne' convenzioni particolari fra un paese e l'altro che regolano le modalita' di estradizione e i diritti di ciascuno.
Sebbene gia' in essere limitatamente a talune realta' internazionali, avremmo data base comuni a tutti i corpi addetti alla sicurezza e molti compiti attualmente difficoltosi sarebbero di gran lunga semplificati.
La pianificazione dei poteri e dei doveri di ogni singolo organo militare sarebbe un passo determinante e propedeutico all'immaginario abbattimento di ogni confine.
Le regole che armonizzano il nostro vivere quotidiano avrebbero un valore specifico riconosciuto ovunque e principalmente laddove, seppure esistenti, non sono del tutto applicate o persino trasgredite da chi ne dovrebbe invece garantire l'osservanza.
La funzione essenziale di protezione del cittadino e degli organi istituzionali e' svolta dai corpi militari, su mandato costituzionale. Si tratta dunque un compito fondamentalmente pacifico e comprensivo di tutte quelle caratteristiche presenti in ogni buon genitore. L'istinto di protezione dei propri cari e della prole e' innato e presente a volte persino nell'intimo del peggior criminale.
Ecco perche’, in un quadro prettamente dualistico, sarebbe possibile in via teorica, che, sebbene l’istinto protezionistico prevalga nella maggior parte dei casi, emerga improvvisamente un istinto animale, individuale e/o collettivo, che, in virtu’ del potere in proprio possesso, conduca verso sentieri di giustizia sommaria o personale, affermando l’autoritarismo con violenza, come un comune criminale, che pur adorando il proprio figliolo, fa o farebbe nella maggior parte dei casi. 
In talune localita', infatti e purtroppo, risulta necessario proteggersi dalle milizie invasate di potere. Il semplice possesso di un arma e dell’uniforme, offrono l’occasione di veder affermato il proprio potere, di vincere pregresse, personali e/o collettive frustrazioni e di sentirsi vivi, dispensando sofferenze e ingiustizie.
Cio' accade anche in zone in cui la democrazia e' un'esperienza collaudata e rodata, ma naturalmente e fortunatamente,  si tratta di casi isolati e puniti, se non insabbiati a dovere in nome dell'immagine pubblica, con maggior o minor severita', per la loro specifica rilevanza.
 Il coordinamento fra tutte le forze militari, ivi incluse quelle di polizia e protezione civile, rende praticabile la realizzazione di un ideale che invoca giustizia contro tutti i fenomeni e le realta' che gia' da tempo hanno unificato le proprie forze in barba alle regole, a chi svolge il compito di farle osservare.
Se l'impianto democratico offrisse una tale simile garanzia di successo, ogni cittadino ne sarebbe un fiero e convinto sostenitore. Avremmo quindi norme a garanzia della protezione personale e istituzionale universali.
Un turn over fra tutti i collaboratori di tale elefantiaco progetto, garantirebbe su tutte le possibili distorsioni dei compiti svolti, solitamente prodotte da personali radicamenti nel territorio e dai legami intrapresi nel corso dell'esistenza, favorendo un'autentica e profonda integrazione fra popoli.
La questione delicata, riguarda invece gli armamenti. Oggi vige il criterio secondo cui essere pronti alla guerra, paradossalmente garantisce una pace duratura.
La famigerata atomica che determino' la vittoria degli alleati e pose fine alla seconda guerra mondiale fu caldeggiata con insistenza da Albert Einstein, convinto pacifista e reduce dall'epurazione in atto in Germania. Nel terrore che Hitler fosse molto vicino alla realizzazione della bomba, egli ne chiese il finanziamento al governo americano, unendosi al progetto Manhattan per la sua progettazione e realizzazione.
Nel clima post bellico, dopo la spartizione di Yalta, la guerra fredda fra i paesi occidentali ed il blocco sovietico, alimento' ulteriormente l'escalation agli armamenti.
In effetti la terza guerra mondiale non e' mai ancora avvenuta, sebbene gli armamenti siano stati utilizzati ugualmente in diverse circostanze e non sempre a giusta ragione.
Potra’ mai essere  credibile una forza militare a carattere globale, in possesso di armi e tecnologie avveniristiche, quale garante della pace in terra ?
Nella prima ipotesi abbiamo supposto un'espansione dell'impianto democratico a livello globale per una funzione, diciamo, pianificante delle norme internazionali relative ai poteri e doveri affidati a ciascun esercito e/o polizia.
Detta pianificazione non costituisce ne' uno Stato di polizia ne' un Mondo di polizia. Il potere esecutivo e' previsto in democrazia tanto quanto quello giudiziario e legislativo, ed ognuno controbilancia l'altro. Se questo principio risulta essere valido per una sola nazione, esso sara' efficace ugualmente per il mondo intero.
Cio' che potrebbe allarmare, piuttosto,  e' rappresentato dalla gestione e possesso di armamenti  potenzialmente in grado di distruggere l'intero pianeta.  Ad un’attenta riflessione cio’ costituisce pericolo tutt'oggi, nella realta' frazionata in cui viviamo. Il rischio, infatti, che qualche testa calda, in particolari situazioni di instabilita’ internazionale, faccia ricorso agli armamenti nucleari, e’ di gran lunga piu’ elevato, dell’ipotesi in cui gli stessi armamenti siano oggetto di gestione e controllo da parte di un governo globale, la cui operativita’ sarebbe di certo limitata ai soli casi difensivi della liberta’ costituita.
I rapporti fra Istituzioni governative e militari sono sempre improntati alla massima trasparenza ?  I Ministeri da cui dipendono le forze armate e di polizia, insieme alle Prefetture di zona, sono sempre informate su quanto accade e sui possibili fermenti in atto all'interno degli apparati stessi ? Quali e quante sono le possibili alleanze fra settore politico e strapotere militare ?
Tali sono i punti nevralgici in cui, in relazione alla ricchezza o miseria in cui versa ogni Stato, in riferimento alle risorse di cui dispone ed agli interessi economici di paesi influenti, la fedelta' alle istituzioni puo' venir meno, creando presupposti allarmanti per colpi di mano improvvisi.
A tal scopo e solo a titolo precauzionale, sarebbe importante creare un sistema di forze contrapposte all'interno degli stessi apparati, che garantiscano un permanente equilibrio stabile fra i vertici del settore e i livelli piu' elementari.
E' doveroso a questo punto chiedersi a chi invocare aiuto e giustizia nel caso in cui, nel contesto globalizzato, l'unico esercito militare esistente oltre modo potente, miri al dominio totale e dispotico. Ebbene qui entra in gioco il concetto di disarmo con tutte le sue implicazioni.
La funzione essenziale di una possibile forza militare globale dovrebbe esplicarsi nel garantire pace e sicurezza su tutta la superficie terrestre. A questo scopo non necessiterebbe di testate nucleari ne' di missili intelligenti e meno che mai di mine antiuomo. Questo perche', un governo a carattere globale sarebbe quantomeno obbligato ad effettuare controlli incisivi sulle produzioni di armi belliche, incentivandone finanziariamente la conversione industriale per scopi esclusivamente civili e limitando all'essenziale la produzione di armi poco piu' che elementari.
Le testate nucleari esistenti, dopo l'attuazione di un programma di smaltimento pianificato, diverrebbero anacronistiche ed ingombranti, in considerazione anche del fatto che, nel caso improbabile ma pure possibile, di invasione da parte di civilta' aliene, non avremmo comunque grandi possibilita' di successo.
In tal ultima ipotesi sarebbe piu' oculato sottomettersi per la difesa della specie o eventualmente soccombere dignitosamente.


lunedì 18 gennaio 2016

CORPORAZIONI E CASTE (Leggi dal principio - Febb. 2011)


Cio' che caratterizza il sistema corporativo prende spunto dall'organizzazione gerarchica militare. Una forte quanto ampia coesione di forze, capace di spostare una montagna, puo' rivelarsi dannosa e antieconomica per tutto il sistema sociale.
Le corporazioni, intese quali compatte e univoche aggregazioni di forza, nascono poco a poco in seno al regime fascista, con la funzione di affermare un potere non scalfibile.
Si tratta di un fenomeno gia’ presente in epoche pregresse e sebbene accettato in via uniforme a livello popolare per l’indiscussa sua potenza, tuttavia il relativo riconoscimento rimaneva tacito e relegato ai  livelli aristocratici. Si pensi allo strapotere delle prime banche d’affari gestite da nobili altolocati dell’epoca.
Solo con Mussolini le corporazioni vantarono uno status, per cosi’ dire, giuridico, che le parificava di fatto a vere e proprie organizzazioni associative settoriali, ben inserite nel tessuto produttivo e dei servizi, che provvedevano alla spartizione dei mercati, non senza lotte intestine e competizioni sleali.
"Tutti per uno, uno per tutti", potrebbe apparire uno slogan democratico e universalmente integrante. Purtroppo, essendosi le corporazioni sviluppate nell'ambito di numerosi settori economici e associazionistici, hanno dato luogo a conflitti acuti dipendenti da competizione esasperata e illegale, esaltazione e rivendicazione della propria identita' associativa, a scapito del riconoscimento di quelle altrui ed infine l'erezione di un sistema sociale simile al tradizionale quanto anacronistico sistema delle caste indiano.
Quindi preclusione e pregiudizio, emarginazione e disconoscimento del valore meritocratico, hanno via via conclamato la propria presenza corrompendo cio' che l'ideale democratico prevedeva per l'uguaglianza degli esseri umani, a prescindere dalla razza, dalla religione e dal pensiero politico.
Presso le realta’ rurali, allora come ai tempi odierni, l’autoctono di fronte allo straniero, era uso chiedere a quale famiglia appartenesse, per valutarne la discendenza, la serieta’ e soprattutto le disponibilita’ economiche. A tutt’oggi il concetto non muta, anche nei contesti urbani. In breve, a chiunque scelga di non appartenere ad una associazione, ad un clan o cartello come dir si voglia, ad una religione o ad una corrente di pensiero politico, a qualsiasi tifoseria sportiva, rinunciando cosi’ a ogni specie di protezione e/o confezionamento, viene attribuito un valore pari a zero, senza tener conto che il numero zero ha un importanza matematica non trascurabile e che persino nel sistema binario, che e’ alla base del funzionamento dei moderni computers, zero e' pari ad uno senza alcuna discriminazione quantitativa o qualitativa(Corporazioni e Giornalismo).
La semplice esistenza in vita, quindi, non appare sufficiente, alla luce delle valutazioni odierne, a generare un senso di stima e fiducia sociale, altrimenti presente quando si gode della garanzia di questa o quell’altra organizzazione.
Il sistema corporativo pecca di presunzione, razzismo e autoritarismo, quando pretende di stringere a se’ i propri adepti, legati da catene ancor piu’ robuste delle garanzie e liberta’ che esso concede. Si rivela inoltre fonte di aspre reazioni e divergenze, allorquando il proprio territorio di intervento risulta minacciato dal libero arbitrio altrui. Rafforza il nepotismo e il sistema clientelare, replicando il proprio modello di concezione gerarchica in ogni rivolo della sua gigantesca estensione.
Si stabiliscono corridoi preferenziali, strategie discriminanti volte sia all'affrancamento che all'affossamento. Si erigono roccaforti di potere politico-economico impenetrabili e longeve, il tutto garantito da una compattezza interna pretesa, se non estorta illegalmente, circa la fiducia riposta agli obiettivi prefissati, quali essi siano.
Questo sistema inficia alle fondamenta gli intenti democratici per una societa' giusta e imparziale, meritocratica e libera nella sua essenza. Il modello di riferimento a cui si ispira, ovvero di stampo militare, presenta nel corso della storia, numerose illogicita' frutto dell'impostazione gerarchica blindata.
Vale a dire che le motivazioni prese a base delle proprie decisioni non sempre coincidono con gli interessi generali della collettivita’, essendo esse frutto di ripicche prodotte da antagonismi amplificati, ma soprattutto, che nessuno all'interno della scala gerarchica puo' avanzare critiche o migliorie senza  rompere il patto massonico, andando incontro, quindi, a sicure e spiacevoli conseguenze.
Da qui l'emersione del mobbing quale arma di distruzione psicologica in ambito lavorativo. Una strategia decostruttiva della personalita’ che mira a dequalificare con la sistemica e costante umiliazione, l’autostima di chiunque osi interporsi nella scala gerarchica delle risorse umane, proponendo nuove e piu’ dinamiche soluzioni logistiche. Sicche’ l’organizzazione interna di ogni organismo, che si tratti di impresa, associazione, o anche comparti dei settori pubblici, si riduce spesso ad una mera replica del modello al vertice dirigenziale, che ne stabilisce principi, regole e modalita’, secondo uno schema, appunto, rigidamente corporativo.
Il sistema sociale, cosi’ riconosciuto, provvede a cristallizzare ogni ceto sociale ed ogni cultura all'interno della sua nicchia di competenza, grande o piccola che sia, creando forse si, alta specializzazione, ma in un contesto di aridita’ generale, e privando al contempo, tutto l’impianto dell’ossigeno sufficiente ad una sana e dinamica interazione con le parti sociali.
Il sistema indiano delle caste sociali ne e’ una tipica rappresentazione che, nel rispetto del formalismo tradizionale, appare del tutto anacronistica in confronto ai valori culturali occidentali acquisiti in secoli di lotte e rivendicazioni.
Non solo un mondo unificato ma anche solo una nazione, nella sua particolare realta', soffrirebbe di tale schema a comparti di settore.

Un danno sociale ed economico di profonda matrice, che stigmatizza  e preclude ogni possibilita' di sviluppo intellettuale, culturale ed economico.

martedì 12 gennaio 2016

LE MAFIE (Leggi dal Principio - Febbraio 2011)


Il processo di unificazione globale, inevitabilmente deve tenere conto anche dell'imponente fenomeno delle "mafie", le quali, evidentemente, hanno gia' ottemperato all'unificazione delle loro forze in termini globali e gia' da diverso tempo.
Il potere mafioso si pone in antitesi al potere statale, proponendo se stesso quale alternativa credibile e funzionale per la gestione economica di qualsiasi settore che implichi profitto, legale e non. Raccogliendo consenso popolare, a mezzo del tanto sperimentato e sistematizzato sistema clientelare in ambito politico e ponendo in essere la strategia della ricattabilita', la mafia, dal ruolo volgare di operatore della criminalita' organizzata, ha scalato l'olimpo delle posizioni istituzionali, insediandosi nei luoghi sensibili del comando, per manovrare i fili della cosa pubblica a proprio favore.
A tal proposito e' utile ricordare la famosa citazione del Presidente italiano Sandro Pertini, che, in termini piu' ampi, affermava: "Chiunque utilizzi la politica per i propri interessi privati, va denunciato." 
La mafia nacque in Sicilia verso la fine dell'800, quando la scarsita' dell'acqua per l'irrigazione dei campi ha indotto al commercio della stessa ed alla competizione fra bande locali per curarne la gestione e per la propria affermazione sul territorio. Il fenomeno si e' cosi' evoluto imponendo balzelli a fronte di una protezione da minacce perpetrate dalle bande concorrenti.
Allo sbarco degli alleati, all'inizio della seconda guerra mondiale, la mafia, avendo gia' acquisito grande potere, collaboro' con le forze militari per la cacciata dei nazisti dal territorio siciliano, e da quel momento, le relazioni fra istituzioni e questo potere illegale, hanno avuto alti e bassi in una successione di eventi sanguinosi di cui ancora restano ombre e misteri.
Ha stabilito legami con gli innumerevoli "clans" presenti sui territori, le cui origini risalgono alle tribu' di varia etnia e le cui tradizioni hanno raggiunto i tempi odierni, acquisendo maggior potere ancora. Ma in termini ancora piu' ampi, come ha affermato Eugenio Scalfari, fondatore de "La Repubblica", mafia e camorra hanno costituito raccordi essenziali con KGB Sovietico, CIA Americana, Servizi Segreti Inglesi e Francesi, servizi di spionaggio italiani, l'organizzazione Gladio, la massoneria P2, il Mossad Israeliano e la destra e sinistra eversive europea, fornendo i propri servizi specializzati a seconda delle esigenze e circostanze (Globalmafia).
Si comprendono quindi l'enorme raggio di azione in ambito geografico e le smisurate potenzialita' di controllo del potere costituito. Non affrontare il presente argomento, nell'ambito dell'intento che ci siamo prefissati, sarebbe come adottare il comportamento di uno struzzo che infila la testa sotto terra, benche’ esso non lo adotti per paure o terrori provati.
Riesaminando il racconto  (La Falsa Vita di Dick - Il Bene, il Male ed Oltreche utilizziamo quale riferimento paradossale per la visione del mondo unificato, si puo' percepire il netto contrasto determinato dal solco creato dall'esistenza del protagonista, suo malgrado, che e’ causa fondamentale nel grande divario fra il bene e il male.
La terra andava sterilizzata dai suoi mali per accedere al livello evolutivo piu' alto che avesse mai conosciuto. Sorge quindi l'interrogativo: si procede alle pulizie prima o dopo la costruzione dell'edificio che ospitera' l'intera umanita'? La risposta e' quanto meno inutile.
C'e' da dire che Dick rappresentava davvero l'ultima tappa dei progressi evolutivi registrati nel corso della storia del mondo, ed in vista di tale innovativo quanto definitivo cambiamento, forse, valeva veramente la pena porre in essere cio' che si e' rivelata la piu' grande epurazione della storia in cambio di una civilta' definitivamente affrancata dal giogo della malvagita'. Con l'unico e ultimo sacrificio offerto, la sua vita. E’ una storia gia’ nota, ma differisce per la sua laicita’.
Tuttavia, il nostro ragionamento corrente procede a pie' pari nella realta' in cui viviamo, ove, fino a prova contraria, ancora nessuna diavoleria informatica risulta essere capace di sconfiggere la morte ne' di restituire la vita. Quindi non resta che porci obiettivi concreti ed affrontare i problemi via via lungo il percorso a ostacoli che, nelle intenzioni, emancipera' l'essere umano dalla sua caduca condizione primitiva.
La lotta alle mafie e' tutt'ora un programma di lavoro a cui le forze di Polizia internazionali sono impegnate. Purtroppo i fenomeni della corruzione, della collusione e del peculato, maggiormente presenti nelle realta' sociali meno abbienti, rendono piu' faticosa e impari la partita (Transparency International).
Si pensi solo che le risorse complessive di tutte le mafie esistenti basterebbero a comprare il mondo intero e forse anche qualche pianeta del sistema solare.
Al contrario, le sostanze destinate alle forze di Polizia governative, appaiono per nulla sufficienti a combattere o comunque solo arginare il fenomeno della mafia. Ogni vittoria rappresenta solo la punta di un iceberg, anche se le varie propagande mascherate da comunicazione mediatica, ne esaltino sempre la portata.
Se ogni cosa ha il suo prezzo, l’intento dell’unificazione a livello globale, dovrebbe porre in primo piano la problematica relativa alla poverta' e alla miseria, cause fra le prime di deviazione morale, pena l'esistenza in vita. Problema non da poco, dato che dall'immediato dopoguerra, si sono operati come tutt'oggi sono in corso programmi d'intervento a favore dello sviluppo economico nei paesi del terzo mondo.
Poche vittorie e molte sconfitte hanno costellato l'intero panorama degli aiuti umanitari, ma e' importante ribadire che il piu' delle volte, sono prevalsi sempre i soliti interessi superiori.
Essendo le mafie poteri concorrenti a quelli legalmente costituiti, provvedono sistematicamente, nei modi e nei tempi a loro congeniali, al boicottaggio di tutte le iniziative governative tese al loro affossamento, o, quando ben radicati nelle posizioni di comando, alle nuove direttive naturalmente favorevoli ai propri tornaconti.
L'andazzo cosi' determinato provoca un significativo rallentamento, se non l’insabbiamento, di tutte le proposizioni del potere legislativo  non in linea con gli interessi mafiosi e, nella seconda ipotesi, il favoreggiamento delle proprie iniziative che, in misura adeguata e compiacente, tengono conto anche dell'interesse del popolo, allo scopo di acquisire un sempre maggiore consenso elettorale.
La poverta' e la miseria rappresentano il fulcro su cui la leva del ricatto agisce, e che riporta ai tempi in cui vigeva la schiavitu’. Consenso elettorale a fronte di benefici pubblici, quali servizi efficienti e abbondanza di occupazione, per una campagna elettorale trasparente. Reclutamento nelle fila dei vari cartelli e organizzazioni illegali disseminate sul territorio, in cambio di doni diretti e remunerativi, quali posti di lavoro, premi e benefits, per una campagna elettorale clientelare e illegale.
 I vecchi parametri economici che fissarono le cause determinanti dell'equilibrio della poverta’ e della miseria, sono elegantemente rimpiazzati dalla nuova realta' economica sociale, la quale ha stretto interesse che quell'equilibrio non sia mai sbilanciato.
Poverta’ e miseria, da problema sociale, divengono business e fonte di ricchezza. Le mafie individuano gli aspetti piu' infimi che la societa' benestante crea e che tende ad ignorare, quale fosse un fastidioso scarto di produzione e, applicando il criterio transitivo, ne tramuta lo scopo evitando accuratamente di risolvere la problematica, in quanto fonte di reddito.
Forse la gestione del business dei rifiuti speciali e non, seppelliti o affondati in ogni parte del mondo e in particolare nei paesi piu' poveri, oppure, il recente fenomeno dell'immigrazione selvaggia, opportunamente gestito per gli introiti di contributi governativi, se non anche guerre e terrorismo (sempre in relazione a quanto suesposto circa la dichiarazione di Eugenio Scalfari), possono facilmente rendere l'idea di un sofisticato meccanismo ideato da menti perverse.
Se cio' avviene, le cause sono da riferire ad una comunicazione e collaborazione globale che le mafie hanno posto in essere, piu' volte favorite ingenuamente dagli stessi vertici governativi e anche militari e, non di meno, all'enorme volume di affari che li alimenta e ne agevola l'espansione.
Se con le mafie e' necessario convivere, come qualche Ministro italiano  ha affermato nel recente passato, (Vedi Repubblica.it),tal altro pensiero politico ha provveduto, con discreto successo, al favoreggiamento dell'emersione legale di talune delle attivita' economiche, le cui gestioni appartenevano in esclusiva al malaffare, bandite da leggi eccessivamente moraliste.
Si e’ cosi’ acquisita piu’ partecipazione, piu’ consenso, piu’ energie e piu’ fondi per una lotta mirata e indiscriminata verso i fronti determinanti che costituiscono il vero male della societa’.
Una sorta  di integrazione che ha suscitato diverse polemiche negli ambienti di stampo conservatore, tuttavia efficace nella sua funzione innovatrice e meno ipocrita.
Sin qui si e’ posto l’accento sulle ultime frontiere di aggressione e speculazione da parte mafiosa, ma vanno necessariamente contemplati anche tutti quei settori ormai da decenni oggetto di interesse delle mafie, sia quali mezzi utili per il raggiungimento dei loro scopi illegali, sia per le fonti di reddito indiretto che costituiscono  l’oggetto primario delle loro attivita’.
Per completare il quadro in argomento, e' quindi necessario citare i diversi altri obiettivi sensibili entro cui i poteri mafiosi si insinuano, solitamente in punta di piedi e senza clamore.
Una gerarchia piramidale che sfrutta canali di infiltrazione di basso e alto rilievo, quali salariati e addetti esterni con mansioni di scarso impegno intellettuale, quadri, funzionari, via via sino ai vertici dirigenziali, laddove politica e malaffare si stringono le mani per il controllo dei flussi finanziari.
Il settore della pubblica amministrazione, le telecomunicazioni, l'energia elettrica, i centri mass mediatici, i trasporti, la sanita' , la giustizia e le forze di sicurezza, costituiscono i punti nevralgici entro cui l’espansione mafiosa regola, manipola e decide nel settore pubblico. Le pedine essenziali, dislocate opportunamente, agiscono da tramite per svelare informazioni riservate, per ingerire in questioni di particolare delicatezza o per attuare ritorsioni tipiche del comportamento mafioso, che si garantisce l'omerta' (L'Omerta'esercitando il terrore del ricatto. Nel settore privato invece, si registra sovente l’infiltrazione mafiosa che specula sul lavoro onesto altrui, a mezzo del famigerato pizzo, quando non esercita a mezzo di prestanome inconsapevoli o compiacenti, l’imprenditoria diretta, per l’opportuno lavaggio dei capitali sporchi. Ovviamente sono diversi altri gli interessi su cui la mafia dispone le proprie antenne, per cui si puo’ affermare, in linea generale, che ogni fonte di reddito e/o ricchezza, costituisce particolare attenzione per le sue tasche.
Le armi proprie a cui la mafia ricorre, si compendiano nella minaccia velata, difficilmente esplicita, il cui raggio d’azione investe disparati settori d’intervento, dal terrorismo psicologico, attuato col mezzo della diffamazione indiretta, che si avvale della collaborazione diffusa capillarmente a tutta l’estensione globale della rete mafiosa, al coinvolgimento passivo in sfere d’illegalita’ o immoralita’, affinche’ si eserciti la ricattabilita’.
Altre forme di ritorsione riguardano le incursioni sistematiche ai beni patrimoniali privati e non, tese allo stillicidio della distruzione fisica degli stessi e perseguendo la finalita’ dell’impoverimento economico, fino alle punizioni fisiche mascherate, che si sostanziano in attacchi mirati alla salute personale, camuffati quali coincidenze fatali e la cui massima espressione e’ rappresentata dall’omicidio mascherato da suicidio o morte naturale.
  Infine, la violenza diretta, il cui ricorso e’ sempre piu’ blando e occasionale, tanto da inquadrare e connotare il  nuovo modello organizzativo, come anche l’ex Procuratore Piero Grasso ha definito, quale “mafia invisibile”.
Appare dunque mutato radicalmente il quadro complessivo che caratterizza la nuova e intricata organizzazione mafiosa, rispetto ai vecchi schemi di riferimento. Quanto mai aggiornata e sempre al passo coi tempi, essa stessa ambisce ad uno stile di unificazione criminale globale, in cui, paradossalmente, e’ ammessa anche una marginale apparente democrazia che permette, a differenza del passato, maggiore flessibilita’ e tolleranza, fatto salvo il silenzio imposto.
La lotta fra Stato e mafia ha raggiunto apici intollerabili, particolarmente in Italia, dove e’ nata e dove ha attecchito radici talmente profonde, da involgere i settori consacrati alla legalita’ dettata dalla Costituzione.  I giudici Falcone e Borsellino, creatori del pool antimafia di Palermo, rappresentano il simbolo del massimo conflitto storico mai registrato al mondo, e le loro vite spente aleggiano ancora in memoria di quanta sofferenza e pena siano state causate.
"La mafia e' un fenomeno, e come tale ha avuto un inizio e avra' una fine". Questa l'asserzione piu' penetrante pronunciata da Giovanni Falcone, a cui ci stringiamo affinche' si realizzi al piu' presto.